Di quando me ne andavo in giro, per Milano, aspettando che qualcosa iniziasse per farmi partire, per farmi andare, verso qualcosa che non sapevo, che non so. Di quando aspettavo di uscire alle 18 in punto per inaugurare le mie serate costellate di rivelazione, in giubbino di pelle con sguardo scaltro e abile. Di quando perdevo le chiavi di casa in giro, non so dove, e dormivo sul pianerottolo, aspettando che tu smontassi e mi recuperassi per andare a far colazione al bar sottocasa. Di quando la metropolitana mi dislocava lungo i sotterranei dei miei pensieri così avveduti e così spregiudicati, per condurmi verso quell'esterno che tanto mi affascinava e tanto m'atterriva. Di quando sono tornato, nuovo, aspettandoti per viverti come avevo sognato, come avevo immaginato, innamorandomi di te e di quello che non avevo mai avuto. Di quando, a settembre, la pioggia era tanta che usciva dalla strada e ci inzuppava i piedi riparati dalle borse dell'esselunga. Di quando stavo bene stando malissimo, di quando ero contento recriminando, di quando volevo sparire per poter sempre restare. Di quando a settembre, aspettando son passati 6 anni.
Ed io, ci penso ancora.
3 commenti:
cavoli il tuo non scherza... mi piace come scrivi. tornerò certamente a leggerti (è meglio leggersi che trovarsi e basta)
ciao
di quando si ascoltava "è stato meglio lasciarci
che non esserci mai incontrati"...ed era giugno....ma del 73
...mitico, triste, Fabrizio.
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