Delle volte si vorrebbe tornare da dove si è fuggiti, giusto per respirare ancora quell'aria che si faceva fatica a respirare, per osservare ancora quei cieli in cui avremmo voluto scomparire, dileguarci, scappare.
Si procede, si avanza, alla ricerca della felicità, con l'età che sopravanza, sormonta e primeggia sui sogni e la speranza di tornare indietro a fare i castelli in aria e ipotizzare una vita irreale, irrazionale, surreale come ci sarebbe piaciuto raccontare a chi ce l'avesse chiesto, come ci avrebbe affascinato dimostrare a chi ci aveva imposto, il contrario.
Drogare le serate all'infinito, sterminato, senza principio e senza un fine, così, tanto per vivere, sperimentare quel percorso che avremmo voluto sempre nuovo, sempre ricco di nuove idee, di archetipi, di visioni, che non avremmo mai mollato, che non ci saremmo mai conformati agli stereotipi in vigore, ma ne avremmo creati di nuovi per distruggerli il giorno dopo.
La vita scorre e non mente, come sempre ha fatto.
Siamo noi ad inventarci le cose, a raccontarcele e a crederci per avere una soddisfazione, un benessere, un gradimento. Delle volte ci mentiamo, inventiamo delle scuse, tanto per metterci a posto, per farci stare zitti, per non sentirci sconfitti.
Nel frattempo, il tempo ad osservare il cielo diminuisce o forse si riduce solo la vista, apprendista nel concepire un punto di vista nuovo, differente rispetto al passato rilassato e detassato e rispetto al presente, di sicuro meno indulgente, meno acquiescente e ogni giorno più pesante.